Icone

 

perito esperto
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Icone

Un’icona è una raffigurazione sacra dipinta su tavola, prodotta nell’ambito della cultura bizantina e slava. Il termine deriva dal russoикона“, a sua volta derivante greco bizantinoεἰκόνα(éikóna) e dal greco classico εἰκών -όνος derivanti dall’infinito perfetto eikénai,traducibile in “essere simile”, “apparire”, mentre il termine éikóna può essere tradotto con “immagine“.

Nella lunga genesi dell’iconografia cristiana, l’icona assume la propria fisionomia intorno al V secolo. L’occasione fu offerta dalla presenza nella tradizione cristiana di prototipi, i ritratti di Gesù e Maria. Si tratta del Mandylion, della Sindone e dei numerosi ritratti della Vergineattribuiti all’apostolo Luca. Quando nel 1453 l’Impero Romano d’Oriente crollò, i popoli balcanici contribuirono a incrementare sia la produzione sia la diffusione di queste raffigurazioni sacre.

Nella tradizione della Chiesa bizantina, l’icona assume un significato particolare. Il simbolismo e la tradizione non coinvolgevano solo l’aspetto pittorico, ma anche quello relativo alla preparazione e al materiale utilizzato, oltre alla disposizione e al luogo entro il quale l’opera andava collocata. L’icona trasmette un particolare messaggio teologico per mezzo del linguaggio iconico che è espresso dai colori utilizzati dall’artista. Dalla tradizione ortodossa russa, sono stati affinati tre schemi che si rifanno all’immagine originale: Madre di Dio Orante (senza Bambino) e le due in cui è rappresentata assieme a Gesù bambino, le cosiddette “Icone dell’Incarnazione“: Madre di Dio Hodighitria (colei che indica la retta via) e Madre di Dio Eleusa (immagine della tenerezza).

Le icone erano dipinte su tavole di legno, generalmente di tiglio, larice o abete. Sul lato interno della tavoletta in genere era effettuato uno scavo che veniva chiamato “scrigno” o “arca”, in modo da lasciare una cornice in rilievo sui bordi. La cornice, oltre a proteggere la pittura, rappresenta lo stacco tra il piano terrestre e quello divino in cui viene posta la raffigurazione. Sulla superficie veniva incollata una tela con colla di coniglio, che serviva ad ammortizzare i movimenti del legno rispetto agli strati superiori. La tela veniva infatti ricoperta con diversi strati di colla di coniglio e gesso, che opportunamente levigati, con pelle di pesce essiccata o carte vetrate, consentivano di ottenere una superficie perfettamente liscia e levigata, adatta ad accogliere la doratura e la pittura, detta levkas. A questo punto si iniziava a tratteggiare il disegno.

Si partiva con uno schizzo della rappresentazione, il successivo processo era quello della pittura. S’iniziava con la doratura di tutti i particolari (bordi dell’icona, pieghe dei vestiti, sfondo, aureola o nimbo). Quindi si cominciava col dipingere i vestiti, gli edifici e il paesaggio. Le ultime pennellate venivano effettuate con la pura biacca. L’effetto tridimensionale veniva reso da tratti più scuri distribuiti in modo uniforme. Particolare cura assume la lavorazione dei volti. In genere si parte da una base di colore scuro cui vengono sovrapposti strati di schiarimento con colori più chiari. Successivamente balenii di luce chiari, ottenuti coll’ocra mescolata alla biacca, erano posti sulle parti in rilievo del volto: zigomi, naso, fronte e capelli. La vernice rossa era disposta in uno strato sottile attorno alle labbra, sulle guance e sulla punta del naso. Infine con una vernice marrone chiara si ripassa il disegno (graphìa): i bordi, gli occhi, le ciglia ed eventualmente i baffi o la barba.

I colori sono ottenuti da sostanze naturali, vegetali o minerali, oppure ottenute da piccoli processi chimici come fare ossidare i metalli. Pestati a mortaio, macinati finemente, essi sono uniti al tuorlo dell’uovo che agisce da legante.

La teologia ortodossa riteneva le icone opere di Dio stesso, realizzate attraverso le mani dell’iconografo: risultava dunque inopportuno porre sull’icona il nome della persona di cui Dio si sarebbe servito. I volti dei santi rappresentati nelle icone sono chiamati liki: ovvero volti che si trovano fuori dal tempo, trasfigurati, ormai lontani dalle passioni terrene. Esempio se ne trova nelle immagini di Andrej Rublëv (1360/1430).

L’icona, epifania del divino ed essenza di sacralità e divinità, presenta quindi le seguenti caratteristiche: astrazione, atemporalità (la dimensione del divino è fuori del tempo cronologico), spiritualizzazione del volto, armonia e simmetria ottenute con proporzioni geometriche, frontalismo della figura, bidimensionalità ed incorporeità della figura rappresentata, colore come gioia dello Spirito, costruzione piramidale.